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Cos’è la propagazione per margotta?
La tecnica della margotta è un metodo che consente la moltiplicazione agamica delle piante, ovvero senza l’intervento dei gameti e quindi asessuata. A tutti gli effetti, la pratica del margottaggio è una vera e propria clonazione che consente di ottenere individui perfettamente identici sotto il profilo genetico alla pianta madre. Questa tecnica sfrutta la capacità di alcune piante di emettere radici (rizogenesi) a partire da fusti posti in particolari condizioni.
Alcune piante, in natura, si moltiplicano spontaneamente distribuendo i loro fusti al terreno: stimolati dal substrato, essi sono in grado di produrre nuove radici (dette radici avventizie) che permettono a una porzione di pianta di iniziare una propria vita indipendente una volta interrotta la connessione con la pianta madre. Questa interruzione avviene ad uno stadio avanzato, quando le radici sono abbastanza sviluppate da consentire una crescita autonoma.
In orticoltura, frutticoltura e giardinaggio il margottaggio è una tecnica molto utilizzata, per certi versi imparentata con quella del taleaggio. I vantaggi della moltiplicazione per margotta sono diversi: innanzitutto si possono ottenere esemplare perfettamente identici alla pianta madre, poiché posseggono lo stesso DNA. Ciò significa che le caratteristiche desiderabili, come ad esempio il colore dei fiori o la tipologia di frutti, vengono trasmesse in toto alle piante figlie. Lo stesso invece non accade con la riproduzione per seme, nel quale le caratteristiche genetiche vengono ricombinate e alla quale è legata l’incertezza del risultato.
Con il margottaggio, dal momento che le giovani piantine in via di formazione rimangono in costante connessione con la pianta madre, non si manifestano gli inconvenienti legati alla moltiplicazione per talea. In quest’ultimo caso, infatti, poiché la tecnica consiste nella recisione di un fusto della pianta, sono più probabili gli insuccessi a causa della mancanza, nei primi stadi di vita indipendente, di un apparato radicale. Il continuo rifornimento di acqua, linfa ed elementi nutritivi dalla pianta madre permette di supportare la crescita delle radici, e questo aspetto rende la margotta una metodologia particolarmente adatta per la propagazione di fusti di grandi dimensioni ma anche di specie che formano radici molto lentamente.
In genere si ricorre alla margotta quando le piante non presentano sufficiente probabilità di essere riprodotte con successo per talea. Una considerazione a margine è che tutte le specie che possono essere normalmente moltiplicate per talea possono esserlo anche per margotta, e in quest’ultimo caso con percentuali di successo maggiori.
Le basi del margottaggio
Per la tecnica della moltiplicazione per margotta si consiglia utilizzare rami di un anno, dal momento che i tessuti sono ancora in uno stadio relativamente giovanile ed è più facile la produzione di tessuto radicale ex novo. Si possono naturalmente impiegare anche rami più vecchi (ad esempio di due o tre anni), ma in questo caso bisogna mettere in conto una minore velocità di radicazione. Tendenzialmente i migliori materiali di partenza sono i rami erbacei, non ancora lignificati, da margottare verso la fine dell’estate: è questo infatti il periodo più propizio per la formazione delle radici. Questa tecnica si può anche applicare verso febbraio-marzo, quando le piante si trovano ancora in uno stadio di riposo vegetativo.
La moltiplicazione per margotta tipicamente viene favorita effettuando uno scorticamento sullo stelo dal quale si intende ottenere una nuova pianta, asportando un anello di corteccia. L’altezza dell’anello dovrebbe corrispondere all’incirca al diametro del fusto. Questa ferita deve essere sufficientemente profonda da esporre la parte più interna dei tessuti, che può essere trattata con una soluzione contenente ormoni radicanti che stimolano l’emissione delle radici avventizie.
Questi prodotti sono facilmente reperibili presso i negozi di florovivaismo ed i garden center specializzati, e contengono specifici componenti ormonali rappresentati principalmente da auxina, l’acido alfa-naftalenacetico(NAA) o indol-3-butirrico (IBA). Gli ormoni radicanti sono solitamente commercializzati sotto forma di soluzione liquida, gel o anche in polvere (talco).
Il processo di radicazione richiede un certo periodo di tempo per arrivare a compimento: tipicamente si va da un minimo di qualche settimana sino ad un anno a seconda delle specie.
Le tecniche della propagazione per margotta
Affinchè si possa applicare con successo la tecnica della moltiplicazione per margotta, la pianta madre deve innanzitutto essere messa nelle condizioni – o “costretta”, se si preferisce – ad emettere radici. Queste condizioni si ottengono interrando un ramo, oppure mettendolo a contatto con un substrato umido. L’umidità del substrato che avvolge il fusto determina un rammollimento dei tessuti della pianta, mentre le incisioni precedentemente effettuate nella corteccia o il piegamento del ramo interrompono il flusso della linfa, e ne determinano il suo ristagno. La conseguenza di tutto ciò è lo sviluppo di radici avventizie; responsabili di questo processo sono le cellule meristematiche del cambio, ovvero il tessuto dal quale nelle piante vengono generati i vasi legnosi e cribrosi.
Partendo da questi presupposti esistono diverse metodologie applicative, riportate qui di seguito e suddivise in due gruppi: margotte terrestri (per propaggine e per ceppaia) e margotte aeree.
Margotta per propaggine
Detta anche “margotta ad archetto”, si tratta senza dubbio della tipologia di margottaggio più semplice, che consiste nel curvare al suolo e interrare parzialmente un ramo della pianta madre, lasciando emergere l’apice. È necessario che l’esemplare di partenza possieda fusti lunghi ed elastici, e diverse sono le varianti di questa tecnica. Quella più semplice prevede il posizionamento di una porzione di ramo di 25-30 centimetri ad una profondità di almeno 30 cm; l’apice che fuoriesce deve essere mantenuto in posizione eretta mediante la legatura ad un paletto di sostegno.
Nel caso delle propaggini multiple si sfrutta un ramo particolarmente lungo che viene interrato e poi raddrizzato diverse volte, seguendo le metodiche indicate per la margotta semplice. Su ciascun archetto che emerge dal terreno deve essere presente almeno una gemma, che consenta lo sviluppo della parte aerea della pianta. Una volta radicato in corrispondenza di ciascun seppellimento, dallo stesso ramo si possono ottenere numerose nuove piantine.
Margotta per ceppaia
Questa tecnica si adatta bene a tutte le piante, soprattutto arbustive, che presentano un portamento cespuglioso come ad esempio nocciolo, ontano, corniolo, cotogno e lillà; viene frequentemente impiegata anche per la produzione di portainnesti clonali per specie da frutto come ad esempio il melo. Per effettuare questa tipologia di margottaggio, alla fine dell’inverno si capitozza la pianta madre all’altezza del colletto, posto a livello del suolo: questo fa sì, che all’arrivo della primavera, dalla ceppaia si dipartano numerosi nuovi getti. Quando questi giovani fusti raggiungono un’altezza di almeno 10-15 centimetri si procede con l’interramento dell’intera ceppaia, cui va aggiunto progressivamente terriccio man mano i getti crescono. Lo spessore massimo non dovrebbe superare i 30-40 centimetri, e la presenza di condizioni umide stimola l’emissione di radici. A radicazione avvenuta si elimina il terriccio di copertura separando le barbatelle e trapiantandole nel modo più consono a seconda delle specie.
La tecnica della margotta per ceppaia, grazie all’elevato numero di nuovi esemplari prodotti da una singola pianta madre, è senza dubbio quella più efficiente ed economica. Inoltre la stessa ceppaia può essere utilizzata per questo tipo di margottaggio anche per una ventina d’anni.
Margotta aerea
Questa tipologia di margottaggio viene effettuata avvolgendo una porzione di ramo con un sacco cilindrico contenente del substrato idoneo alla crescita, che viene chiuso attorno al ramo ad entrambe le estremità. In genere per questo “salsicciotto” si utilizza un telo in materiale plastico, che può essere ad esempio ricavato da un foglio di polietilene o cellophan non trasparente oppure da un comune sacco della spazzatura. È importante che il suo colore sia preferibilmente scuro o nero, in modo che trattenga il calore e l’umidità al suo interno; per il substrato di crescita si possono utilizzare sfagno o torba, eventualmente addizionati di pomice o argilla (perlite), ma anche del comune terriccio a buon drenaggio a seconda dei casi. Periodicamente bisogna bagnare il contenuto del sacco utilizzando ad esempio una siringa.
La presenza di un substrato caldo-umido stimola l’emissione di radici avventizie dal fusto, e quando il processo è ultimato il ramo viene reciso al di sotto del sacco e trapiantato in vaso o in piena terra. La tecnica della margotta aerea è particolarmente indicata per la propagazione di piante ornamentali e tropicali, ed il miglior periodo per praticarla è verso la fine della primavera (maggio/giugno), quando le condizioni ambientali (temperature ed umidità) sono ottimali.
In alternativa al “salsicciotto” fai da te, si possono usare anche appositi recipienti detti portamargotta, generalmente fatti di materiale plastico ed acquistabili presso i centri specializzati in attrezzature per il giardinaggio. La loro forma è simile a quella di un comune vaso, con la differenza che sia la base che l’apice sono aperti; oltre ai portamargotta, si possono impiegare anche vecchi barattoli o contenitori vari.
Distacco e piantumazione delle margotte
Una volta accertato il radicamento delle nuove porzioni di pianta, è giunto il momento di staccarle dalla pianta madre. Si tratta di un’operazione particolarmente delicata, che se non effettuata con le doverose attenzioni può compromettere la sopravvivenza della giovane piantina.
Se le radici formatesi sono delicate o poco abbondanti è opportuno che il distacco avvenga in modo graduale, effettuando due o tre tagli a distanza di un paio di settimane l’uno dall’altro. Ciascun taglio reciderà un terzo o la metà del diametro dello stelo, abituando quindi la nuova pianta ad una vita sempre più autonoma.
Le margotte, una volta distaccate dalla pianta madre, devono essere collocate in vasi contenenti del buon terriccio mantenuto costantemente umido. Le specie più delicate dovrebbero essere messe in cassone chiuso per i primi periodi, mentre quelle più resistenti possono essere mantenute all’aperto. In entrambi i casi è bene proteggere le margotte dall’eccessiva illuminazione e dal vento, che possono provocarne il rapido disseccamento. Per evitare un’eccessiva traspirazione da parte dell’apparato radicale, tutti i rami superflui della giovane piantina dovrebbero essere asportati. Si consiglia inoltre di legare il nuovo esemplare ad un tutore di sostegno per assicurarne la crescita verticale.
Quali specie si possono propagare per margotta?
La tecnica del margottaggio è caratterizzata da percentuali di successo molto diverse a seconda della specie. Lo sviluppo vigoroso delle radici avventizie è particolarmente elevato per specie come olivo, melograno e ficus (dove il tasso di esiti positivi rasenta il 100%), e molto buono per camelia, glicine, forsizia, piracanta, salice, olmo, faggio, gelsomino, magnolia, azalea, carpino, potentilla, ginkgo biloba, biancospino, rododendro, edera,olmo zelkova, bosso, viburno e tutte le varietà di acero. Fra le piante da frutto, la margotta viene impiegata con successo su pero, melo, ciliegio, melograno, cedro, mandorlo, cotogno e vite. Solitamente nella maggior parte queste piante sono necessari dai 2 ai 4 mesi per ottenere una buona radicazione.
Nelle conifere si ricorre in genere meno frequentemente alla riproduzione per margotta, a causa della minor capacità di radicazione; eccezioni sono rappresentate ad esempio da ginepro, tasso, cipresso, cryptomeria e da alcune varietà di pino ed abete rosso. I tempi necessari per queste piante si allungano notevolmente rispetto a quelli delle angiosperme: si parla ad esempio di 6 mesi per abete e ginepro, che diventano sino a 12 per il pino.
Il margottaggio è molto utilizzato in campo bonsaistico, non solo per generare nuove piantine ma anche per ottenere da un esemplare cresciuto eccessivamente due bonsai di dimensioni più consone. I bonsai ottenuti con questa tecnica spesso sono esteticamente molto suggestivi, dal momento che il loro piede è costituito da una corona di radici che si dipartono dal tronco tutte nello stesso punto.
Complimenti, completo, interessante e ben fatto